Fisica Terrestre - Tettonica a zolle
 
FISICA TERRESTRE - Tettonica a zolle

 

Tettonica a Zolle: la causa dei Terremoti

 

Ogni anno, il pianeta terra subisce alcune decine di terremoti distruttivi che causano la morte di migliaia di persone ed hanno disastrosi effetti economici sulle aree colpite.

La teorie della Tettonica a Zolle (Plate Tectonics) spiega le cause dei terremoti. Secondo questa teoria la parte superiore della terra e' considerata suddivisa in due strati con differenti proprieta' deformative. Lo strato superiore rigido, chiamato litosfera e' spesso circa 100 km sotto i continenti e circa 50 km sotto gli oceani ed e' costituito dalla crosta e dalla parte sottostante rigida del mantello superiore (vedere Sezione Interno della Terra). Lo strato sottostante, l' astenosfera si estende sino a 700 km di profondita' ed e' caratterizzato da rocce meno fragili, cioe' meno deformabili in confronto a quelle della litosfera. La litosfera rigida e' suddivisa in una dozzina di placche maggiori (che non coincidono necessariamente con i continenti) ed un gran numero di placche secondarie. Le placche litosferiche non sono stazionarie, al contrario esse "galleggiano" in modo complesso con velocita' dell'ordine dei 2-10 cm/anno sullo strato di rocce "soffici" della sottostante astenosfera, immaginiamo delle zattere in un lago.

L'idea delle placche "erranti" e' stata originalmente proposta nel 1912 dallo scienzato tedesco A. Wegener.

L'immagine satellitare qui sotto mostra le isole vulcaniche dell'hotspot (punto caldo) delle Galapagos.

Gli hotspots sono le aree in cui l'astenosfera risale sino alla superficie ("bucando" la litosfera). Sono estremamente importanti per valutare il moto relativo delle placche litosferiche (un esempio molto studiato è ad esempio quello delle Isole Hawaii).

(da NASA)

 

Solo nella litosfera, a comportamento fragile, si ha la possibilita' di avere un terremoto.

La mappa sotto illustra la posizione dei terremoti nel globo. Essi non sono distribuiti a caso: le zone di contatto tra le varie placche sono quelli in cui sono concentrate il maggior numero di scosse. La posizione dei terremoti aiuta quindi a definire i margini di zolla (o delle placche):

(da USGS)

 

La Terra rilascia il suo calore interno attraverso la convezione, immaginiamo il fenomeno come se riscaldassimo una pentola di budino sui fornelli (solo un americano puo' una fantasia tale da pensare ad un esempio del genere .... , ndr). Il mantello astenoferico caldo risale verso la superficie e si espande lateralmente trasportando con se oceani e continenti come su un lento nastro trasportatore. La velocita' di questo movimento e' di circa qualche centimetro per anno, per avere un' idea piu' o meno quanto crescono le unghie delle dita! La nuova litosfera, creata dall' apertura dell' oceano, si raffredda quando invecchia ed alla fine diventa densa abbastanza per tornare nel mantello. La crosta subdotta rilascia acqua per formare al di sopra le catene di isole vulcaniche, e dopo alcune migliaia di milioni di anni verra' riscaldata e riciclata in un nuovo processo di apertura.

Vediamo da questo come la dinamica del pianeta terra sia estremamente "viva".

Nell' immagine successiva vediamo un altro esempio della dinamica della terra , una "Moderateresolution

Imaging sectroradiometer (MODIS)" presa da satellite il 22 luglio 2001, notate la colonna di cenere e lapilli causata dall' eruzione vulcanica dell' Etna.

(da Earth Observatory, NASA GSFC)

 

Terremoti in differenti settori delle zolle

La mappa della superficie solida della Terra mostra molte delle caratteristiche dovute alla tettonica a zolle. Le dorsali oceaniche sono i centri di espansione astenosferica, ove si crea cioe' nuova crosta oceanica. Le zone di subduzione appaiono come profonde fosse oceaniche. La maggior parte delle catene si sono formate nelle zone di compressione delle zolle. I quadrati bianchi evidenziano i differenti ambienti tettonici e sismici che illustreremo in seguito.

(da NOAA)

 

Il movimento delle placche (o zolle) e' classificato in tre differenti categorie. I limiti (boundaries) di due placche convergenti sono definiti come "trenches" (fosse), si parla invece di "ridges" (dorsali) se le placche sono divergenti; nel caso di due placche che si muovono orizzontalmente l' una rispetto all' altra si parla di "transfoms" (transformi). I trenches sono margini di placca distruttivi. Una delle placche sottoscorre l' altra e discende nella "soffice" e calda astenosfera, questo processo si chiama subduzione . I ridges al contrario sono margini costruttivi. L' apertura della zona ove le placche divergono e' continuamente riempita dal mat eriale del mantello in risalita. Se andiamo a guardare invece la tipologia dello stress, dovuto alle azioni che avvengono lungo le faglie, si hanno i tre tipi principali di meccanismi di rottura per i terremoti (faglie dirette o distensive, inverse o compressive, trascorrenti e, naturalmente, tutte le loro possibili combinazioni).

La mappa topografica, qui illustrata, della dorsale di Juan de Fuca, poco al di fuori della costa nel N-W del Pacifico, mostra la comparsa del margine nel centro di espansione. La crosta allontanandosi dal margine si raffredda e sprofonda. Gli spostamenti laterali rispetto alla dorsale sono dovute alle faglie trasformi.

(da RIDGE, LDEO/Columbia Univ.)

 

Una veduta da satellite del Sinai mostra i due bracci del Mar Rosso che altro non sono che due centri di espansione esposti sulla superficie terrestre.

(da NASA)

 

Esistono dorsali estensionali ovunque, anche in altri pianeti, ma non raggiungono mai l' e stensione che abbiamo ad esempio per la dorsale atlantica e per quella pacifica nella Terra. In quest' immagine di un vulcano su Venere notiamo un rift ai fianchi delle sue pendici.

(da NASA/JPL)

 

Nelle zone di "spreading" (apertura), o in zone di contatto estensionale, i terremoti sono superficiali (al massimo generalmente 25 km di profondita' ) ed allineati lungo l' asse di apertura con chiari meccanismi di trascorrenza ("strike-slip"). I terremoti in regime estensionale su faglie trasformi generalmente hanno una magnitudo inferiore ad 8.5 (guardate la sezione magnitudo per una definizione di tale termine).

La faglia di S. Andreas in California, che separa la placca del Pacifico e quella del Nord America, e' un esempio di trasforme. Nelle zone caratterizzate da trasformi le placche scorrono l' una accanto all' altra lateralmente, producendo meno sprofondamento o risalita di materiali rispetto a quanto avviene per gli ambienti estensivi o compressivi. I punti gialli localizzano i terremoti lungo alcuni

elementi di questo sistema di faglie nell' area della baia di S. Francisco.

         (da USGS)                  (da NASA/JSC; topografia da NOAA)

 

Per i margini compressivi i terremoti avvengono a profondita' diversificate, dalla superficie fino a dove la "fredda" placca subducente e' ancora in grado di subire deformazioni fragili (ricordiamo che piu' si "scende all' interno della terra piu' aumentano temperatura e pressione; l' una favorisce mentre l' altra inibisce i processi di fratturazione e dal loro complesso rapporto che dipende la possibilità di avere o meno un sisma) e quindi terremoti, generalmente fino ad un massimo di 700 Km. Nei margini compressivi troviamo gli eventi che hanno dato luogo ai maggiori terremoti, gli eventi nelle zone di subduzione dell' Alaska e del Cile hanno superato anche valori di magnitudo 9.

In questa visione da satellite, obliqua da est sopra l' Indonesia, vediamo tra le cime annuvolate una catena di grossi vulcani. La topografia sotto mostra la placca Indiana, striata da tracce di punti caldi e cicatrizzata dalle faglie trasformi, che subduce la fossa di Java.

Talvolta sezioni continentali di placche collidono, ma sono troppo leggere perchè si abbia subduzione. Nell' immagine vediamo le pieghe e le ondulazioni nella stratificazione delle "Zagros Mountains" nell' Iran meridionale, ove la Placca Arabica collide con la Placca Iraniana.

(da NASA/JSC)

 

Come esempio di una situazione piu' complessa, ed in omaggio a J. Louie della Nevada University dal cui sito ho tratto la maggior parte del materiale (come in gran parte dei siti su questi argomenti in circolazione nel web, anche se quasi nessuno cita la fonte originale; ndr) consideriamo il caso del Nevada, ove si ha una combinazione di tettonica estensionale e con faglie transformi.

Il "Great Basin" ha in comune alcune caratteristiche con i plateau Tibetano ed Anatolico. Tutti e tre hanno infatti vaste area di alta quota e mostrano differenti percentuali di rifting e di estensione ditribuite nella regione. Cio' non accade invece nelle zone di vera e propria apertura oceanica, ove il rifting e' strettamente concentrato nella zona di contatto tra le placche. Le numerose catene montuose orientate nord-sud che dominano il paesaggio da Reno a Salt Lake City sono la conseguenza di una estensione principalmente diretta in direzione est-ovest negli ultimi 20 milioni di anni.

La componente estensiva (rift) pare essere piu' attiva nei margini orientali ed occidentali. La parte Occidentale del "Great Basin" presenta anche una significativa componente di transtensione (estensione + compressione) sovrapposta al rifting. Questo e' dovuto al moto della Placca Pacifica _ Nord Americana. Il moto totale e' circa 5 cm/anno. Di questo circa 4 cm/anno sono dovuti al sistema di faglie ben noto della faglia di San Andreas, presso la costa Californiana, il resto avviene ad est delle montagne della Sierra Nevada, in una zona che geologicamente e' nota con il termine Walker Lane.

In definitiva, il Nevada ha migliaia di faglie attive di tipo estensionale accanto ad alcune significative zone dominate da faglie transformi. Anche se non attivo come la zona attigua della California, il Nevada presenta una sismicita' estremamente diffusa.